Quello che ho imparato insegnando a comunicare
È iniziato quasi per caso. Una mattina, la direttrice di Pastoral de la Tierra (la mia organizzazione partner in Guatemala) mi ha chiesto se potevo tenere un breve training su come fare presentazioni migliori. Erano abituati a PowerPoint lunghi, pieni di testo, e volevano qualcosa che potesse coinvolgere sia le comunità che i finanziatori.
Ho detto di sì, forse troppo velocemente. Poi ho passato la settimana successiva a progettare quello che sarebbe diventato "Comunicacion y Presentaciones Digitales": un workshop di due giorni che mescolava teoria, pratica e un pizzico di follia.
La preparazione è stata intensa
Ho scritto l'intero corso in spagnolo, l'ho strutturato attorno ai principi fondamentali della comunicazione: cosa significa comunicare, come definire un messaggio, perché la semplicità conta. Ho costruito slide interattive e giochi. Volevo che fosse divertente, partecipativo, memorabile.
Poi l’ho dovuto ridimensionare dato che le ore per poterlo fare sono state ridotte per impegni dei miei colleghi e anche perché sarei partito per una piccola trasferta in El Salvador, lasciando il mio ufficio in Guatemala per un paio di settimane.
Quando è arrivato il primo giorno di workshop, quattordici persone si sono riunite nella sala: coordinatori, operatori sul campo e io che dovevo essere “sicuro abbastanza” da poter avere autorevolezza per “insegnare”. Abbiamo iniziato con una domanda su Mentimeter: Cosa significa comunicazione per te?
La word cloud è cresciuta con termini come dialogo, chiarezza, fiducia. Quella è diventata la nostra base.
Poi sono arrivate le sfide assurde
Abbiamo esplorato concetti come "Start With Why", la gerarchia dei messaggi, il potere della ripetizione. Poi, invece di continuare con altra teoria, li ho divisi in gruppi e gli ho dato sfide assurde:
- Convincere degli alieni a passare le loro vacanze sulla Terra
- Presentare un piano di difesa globale contro pinguini che attaccano dall'Antartide
La stanza è esplosa di risate e idee. Dovevano strutturare argomentazioni, progettare slide, presentare agli altri. Era caotico, disordinato, vivo. Ed era esattamente quello che un training sulla comunicazione dovrebbe essere.
La seconda parte si è concentrata sul design: come usare Canva e PowerPoint per costruire slide con un'idea per schermata, usare i visual in modo efficace, evitare la trappola comune del sovraccarico di testo. Abbiamo giocato a "trova la brutta slide" e ne abbiamo create di nuove insieme.
Il cerchio finale
Alla fine ci siamo riuniti in cerchio e abbiamo riflettuto. La maggior parte dei partecipanti ha detto che non aveva mai realizzato che la comunicazione potesse essere giocosa, che si trattasse più di connettere che di mostrare informazioni.
Per me, il vero impatto non è stato nelle slide che hanno creato, ma nel riconoscimento che ho ricevuto quel giorno. Essere stato scelto per guidare un corso per le stesse persone che gestivano il progetto di cui facevo parte mi ha fatto sentire straordinario. È stato un momento di fiducia reciproca, un promemoria che l'influenza non viene dalla gerarchia, ma dal contributo.
Prima di andarmene, ho stampato e lasciato guide visive e workbook che riassumevano tutto quello che avevamo coperto. Settimane dopo, ho visto quei poster appesi in ufficio, annotati con nuove idee ed esempi.
La scoperta
È lì che ho capito che il workshop aveva fatto quello che la comunicazione dovrebbe sempre fare: generare continuità.
Non era solo un corso. Era un momento di connessione, un atto condiviso di apprendimento. E mi ha ricordato perché faccio quello che faccio: far viaggiare le idee più lontano e far sentire umana la conoscenza.
Perché alla fine, che si tratti di un workshop in una sala riunioni o di un post su un blog, la domanda è sempre la stessa: stiamo davvero comunicando o stiamo solo trasmettendo informazioni?
La differenza sta tutta nella connessione.
Ritorna a Comunicación y Presentaciones Digitales
Post più recenti
Perché la vita non è una partita a scacchi
Come ho costruito una web app in quattro ore
Il paradosso della verticalità digitale
L’università come abbonamento
Sul luogo delle conoscenze implicite
Quando i contenuti ti tradiscono
Fidarsi del corpo: lezioni dall'arrampicata
Project Catalyst: il mio modo di costruire un ponte tra scienza, storie e sistemi
Come ho costruito una landing page mentre parlavo di tartarughe ai turisti
Capitolo tre di una storia che non so ancora dove porta
Inizia: sul coraggio dell'imperfezione
Changelog: nuovo look per Explore
Come ho costruito il mio primo portfolio digitale in pochi giorni
Non parliamo
Dalla sabbia al mare: una storia di attesa
Quando l’antifragile diventa tossico
La forza di un esperimento imperfetto
X-Ray MAGIC al CERN: quando i sogni incontrano l'innovazione
McKinsey Forward Program: retrospective di apprendimento
Cleantech Academy una vista dall'interno
Metodo STARR
Design Sprint a vela (con un manico di scopa)
E facimm na Pizz!
Vali più di quello che pensa il mercato
Un esperimento con Notion site
Affondiamo capitano!
Una pausa stanca
The Stranger in Littlewood
All images, videos, and other content featured on this site remain the property of their respective owners, and no claim of ownership is made.
