per risolvere un problema che mi inseguiva da mesi
Ci sono problemi che ti inseguono finché non ti decidi a guardarli in faccia. Per me, uno di questi è sempre stato lo stesso: mettere d’accordo un gruppo di persone su quando vedersi. In Guatemala, nel pieno di un progetto sul campo, la prima volta che mi sono scontrato davvero con questo problema l’ho risolto in modo decisamente low tech. Un foglio di carta grande, una griglia disegnata a mano, post-it colorati e io che giravo tra uffici e stanze a chiedere a tutti “quando sei libero qui, qui o qui?”. Ogni persona metteva il suo piccolo quadratino sul foglio, io coloravo gli slot, cercavo di leggere il caos visivo e tirare fuori un orario decente per tutti. Funzionava, ma a un costo: tempo, energia, e tanta pazienza.
Ripetere o iterare?
Qualche mese dopo ho rifatto la stessa cosa, ma in versione ancora più analogica: agenda, quaderno, penna. Niente post-it, solo io che facevo da “router umano” tra disponibilità diverse. Chiedevo a uno, poi a un altro, poi a un terzo. Segnavo, cancellavo, riscrivevo. Di nuovo, alla fine un orario saltava fuori, ma era chiaro che non era un sistema. Era improvvisazione. Ogni volta da reinventare. Ogni volta da ricostruire da zero. Anche nella versione digitale con tabella o excel.
Fast forward a oggi. Stesso problema, contesto diverso: team distribuiti su più fusi orari, persone in paesi diversi e la solita domanda che ritorna ciclicamente. Quando ne parlo così sembra una banalità, ma chi lavora con gruppi sparsi sa quanto sia facile perdere pezzi per strada. Chat infinite, messaggi che si incrociano, qualcuno risponde tardi, qualcuno non risponde, qualcuno confonde il fuso orario. A un certo punto mi sono reso conto che, se stavo ancora usando soluzioni “da pezzo di carta”, il problema non era temporaneo. Era strutturale.
Così, in una di quelle mattine dove la testa è più in modalità builder che in modalità filosofo, mi sono seduto e mi sono detto: ok, basta, lo risolvo io. Ho aperto Google AI Studio, impostato una base di lavoro, collegato GitHub, Netlify e Supabase e mi sono costruito una web app mia che mi risolvesse il problema, il tutto in circa quattro ore. L’idea era semplice: trasformare quel foglio di carta gigante e i post-it del Guatemala in qualcosa di digitale, condivisibile con un link, che non richiedesse login né spiegazioni. Oggi creo un poll, scelgo giorni e orari, lo mando al team e ognuno segna le proprie disponibilità. La griglia si colora da sola, la heatmap mi dice al volo dove c’è più sovrapposizione, e io non devo più fare il router umano tra tutti.
La parte più divertente è arrivata dopo. Solo una volta messo Connectus online e averlo fatto usare a qualche amico e ai miei team, ho scoperto che là fuori esistevano già diversi strumenti simili. Alcuni anche molto carini. Se li avessi conosciuti prima forse mi sarei convinto che “non aveva senso” crearne uno mio. Invece, non sapendolo, ho semplicemente costruito la soluzione che mi serviva, nel modo in cui mi serviva, con i compromessi che andavano bene a me.
Oggi Connectus non è una startup, non è un prodotto milionario, non ha un piano marketing. È la mia risposta personale a un problema che mi ha seguito per mesi tra quaderni, miro e post-it appesi ai muri. La differenza è che ora, quando devo organizzare qualcosa con più persone, non devo più inventarmi un sistema ogni volta. Apro Connectus, creo un poll e lascio che sia il gruppo a parlarmi attraverso una tabella colorata. E nel dubbio, sono contento di aver realizzato qualcosa che anche altre persone e team stanno già utilizzando e che trovano utile.
Se vuoi scoprire di più, controlla il progetto: Building Connectus - Scheduling Tool
Se vuoi usare Connectus lo trovi qui:
Post più recenti
Perché la vita non è una partita a scacchi
Comunicando: tra pinguini alieni e impatti sociali
Il paradosso della verticalità digitale
L’università come abbonamento
Sul luogo delle conoscenze implicite
Quando i contenuti ti tradiscono
Fidarsi del corpo: lezioni dall'arrampicata
Project Catalyst: il mio modo di costruire un ponte tra scienza, storie e sistemi
Come ho costruito una landing page mentre parlavo di tartarughe ai turisti
Capitolo tre di una storia che non so ancora dove porta
Inizia: sul coraggio dell'imperfezione
Changelog: nuovo look per Explore
Come ho costruito il mio primo portfolio digitale in pochi giorni
Non parliamo
Dalla sabbia al mare: una storia di attesa
Quando l’antifragile diventa tossico
La forza di un esperimento imperfetto
X-Ray MAGIC al CERN: quando i sogni incontrano l'innovazione
McKinsey Forward Program: retrospective di apprendimento
Cleantech Academy una vista dall'interno
Metodo STARR
Design Sprint a vela (con un manico di scopa)
E facimm na Pizz!
Vali più di quello che pensa il mercato
Un esperimento con Notion site
Affondiamo capitano!
Una pausa stanca
The Stranger in Littlewood
All images, videos, and other content featured on this site remain the property of their respective owners, and no claim of ownership is made.
