…ma necessario
Quando un gioco con amici diventa il miglior corso di imprenditorialità che non sapevo di aver iniziato
"🚀 Realizziamo qualcosa di figo" non era solo un titolo ironico, era un invito all'azione. A uscire dal pensiero astratto per sporcarci le mani. Ora che siamo a fine ciclo, posso dire che il primo sprint è chiuso. Con tutti i suoi fallimenti e tutte le sue vittorie, con tutti i dubbi che sono diventati dati e con la stessa voglia di scoprire il mondo che mi contraddistingue in un’avventura. Solo che invece di montagne, oceani e scoperte in posti sperduti, questa volta c’erano business, AI, e l'ambizione di costruire qualcosa insieme a degli amici.
La maggior parte delle volte che inizio qualcosa non ho un vero è proprio piano, più un’idea di cosa dovrebbe essere che poi si scontra con la realtà. Tutto inizia da una domanda che ho sempre dentro di me: "vediamo che succede se..."
L'obiettivo che si è trasformato strada facendo
L'idea iniziale era semplice: avviare un'esplorazione reale del mondo business + AI + digital con un gruppo di amici che vengono dal C_LAB (altra storia da raccontare). L'obiettivo era "costruire e capire", in parallelo, senza l'ossessione per la delivery.
Ecco: abbiamo sicuramente capito. Costruito, molto meno.
Le weekly calls regolari, nonostante vite diverse e parti del mondo diverse, hanno creato una ritualità preziosa, una spinta all'azione e alla riflessione che è diventata il vero valore del progetto. Ci siamo mossi tra problemi, nicchie, potenziali prodotti. Abbiamo imparato a lavorare insieme, osservando come approcci diversi potessero arricchire la lettura dei problemi.
Qui arriva la parte interessante, non abbiamo validato nulla con il mondo esterno. Nessuna landing page, nessun messaggio a potenziali clienti, nessun test che ci costringesse a uscire dalla bolla delle nostre conversazioni.
L'illusione del progresso interno: quando tutto il feedback arriva dal team, è facile scambiare l'allineamento interno per validazione esterna. Ma sono due cose completamente diverse.
La scoperta più scomoda (e più utile)
Ci siamo spostati da un'idea all'altra senza mai metterci la pelle. Il progetto è rimasto un side-hustle mentale, mai un commitment radicale. E questo mi ha fatto capire una cosa fondamentale: la paura di spendere soldi o di impegnarsi, è un bias più che un freno razionale.
Ed oggi sono arrivato a pensare che è meglio bruciare 50-100€ in un micro-test che lasciarli fermi nel limbo delle "idee che potrebbero funzionare".
Dopotutto ogni mossa porta con sé un rischio, ma ciò che conta non è la spesa sostenuta, bensì la traiettoria che quel rischio può sbloccare: il potere di trasformare un input limitato in un output esponenziale.
Lo chiamo rapporto di rischio: quanto sono disposto a investire oggi per testare se un’idea può moltiplicare il suo valore domani?
la scheda di progetto con budget rimasto a zero
Mettere 100€ su un esperimento, certamente, è una spesa ma è anche un biglietto d’ingresso per scoprire se dietro c’è un potenziale da 1.000 o magari da 10.000. Il punto non è il costo in sé, ma la leva che quel rischio apre. Ogni micro-test diventa così un esercizio misurabile di potenzialità: più che un tentativo a vuoto, è un calcolo di quanto quel piccolo investimento possa cambiare radicalmente la traiettoria.
Il rapporto di rischio è la misura tra ciò che sei disposto a mettere in gioco (denaro, tempo, energie, reputazione) e il ritorno potenziale che quell’impegno può generare. Non conta il costo assoluto, ma la leva che quel rischio apre
Se non sono disposto a rischiare 100€ in qualcosa che potrebbe avere un ritorno di 1.000€ o anche 10.000€... beh, forse ho un problema diverso dal rischio economico.
È come imparare uno sport: puoi studiare la teoria tutto il tempo che vuoi, ma prima o poi devi scendere dalla pista e accettare di cadere qualche volta per poter restare in piedi. La differenza è che qui le "cadute" costano meno di una cena fuori e sono meno rischiose che sciare (ho fatto una caduta rocambolesca nel mio passato).
Costruire è il nuovo capire
Solo sporcandomi le mani con micro-prodotti, piccole offerte, test pubblici capirò davvero il mondo imprenditoriale. L'ideazione mentale ha raggiunto il suo limite. Ora serve frizione.
È la stessa lezione del metodo STARR applicata all'imprenditorialità: puoi studiare abbastanza da capire che stai sbagliando, ma poi devi trovare un progetto che ti motiva e affrontare ostacoli reali. Non esistono scorciatoie verso la competenza.
Il test perfetto non esiste. Serve testare male, piccolo, ora. Una landing page, un mini-tool, un form con Stripe: bastano per iniziare a raccogliere segnali dal mondo vero invece che dalle nostre teste.
Le persone: il fattore (im)prevedibile
Una delle scoperte più interessanti è stata osservare come motivazioni diverse possano coesistere in un progetto condiviso. Alcuni hanno bisogno di una proposta intrinsecamente motivante, qualcosa che risuoni con valori e interessi personali. Altri rispondono meglio a incentivi più concreti e misurabili.
Non è una critica, è come suonare in una band: ognuno ha il suo strumento, e la musica nasce dall'armonia, non dall'omologazione.
Il valore nascosto dell'esperimento fallito
Questo progetto non ha portato un risultato "concreto" nel senso tradizionale. Non abbiamo lanciato un prodotto, non abbiamo fatto fatturato, non abbiamo costruito un business.
Ma ha cambiato il mio assetto mentale. E questo, in fin dei conti, è un risultato strategico.
Oggi non ho più paura di pensare in termini di business. Ho ancora paura a uscire, testare, lanciare - ma quella paura ora ha un nome, e sapere come si chiama le toglie potere. È la differenza tra essere spaventato dal buio e sapere che c'è un mostro nell'armadio: nel secondo caso, almeno sai dove guardare.
Ho smesso di aspettare l'idea perfetta. So che posso lanciare qualcosa, anche solo per imparare. È il principio dell'antifragilità applicato all'imprenditorialità: esporsi a piccoli stress controllati per diventare più forte, invece di evitare ogni rischio fino a quando non arriva quello che ti spezza. È anche lo scopo di questo post.
Quello che resta quando l'hype finisce
I fallimenti di oggi sono monete per il domani. Ogni idea che non abbiamo testato, ogni conversazione che non abbiamo avuto con un potenziale cliente, ogni micro-investimento che non abbiamo fatto per paura: sono tutti dati. Informazioni su dove sono i miei blocchi, su come funziono sotto pressione, su cosa mi motiva davvero.
Costruire ti insegna quello che pensi di poter capire solo leggendo.
È imparare a distinguere tra l'idea che suona bene nella tua testa e quella che regge il contatto con la realtà.
La prossima iterazione
Questo primo ciclo si chiude, ma il progetto continua. Con una consapevolezza diversa: meno ideazione, più azione. Meno riunioni sui problemi che potremmo risolvere, più test sui problemi che stiamo già provando a risolvere.
Non so ancora cosa costruiremo nel prossimo sprint. Ma so che lo costruiremo davvero, con le mani sporche e il budget a rischio. Perché è lì che si impara. È lì che si cresce.
È lì che si smette di parlare di imprenditorialità e si inizia a farla.
Se stai pensando di "realizzare qualcosa di figo" con qualcuno, il mio consiglio è semplice: inizia. Non aspettare l'idea perfetta, non aspettare il momento giusto, non aspettare di sentirti pronto. Inizia male, inizia piccolo, ma inizia. Il resto si impara strada facendo.
Data pubblicazione: 28 agosto 2025
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