Design Sprint a vela (con un manico di scopa)

Design Sprint a vela (con un manico di scopa)

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Diario
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Storie - DB
ID
4
Una storia di vento, fallimenti e validazione rapida tra innovazione e gioco
 
 
Imparare non è mai stato, per me, un processo lineare. A volte nasce da un’idea brillante, altre da una frustrazione, spesso da un momento libero. Ma le volte migliori sono quelle in cui l’apprendimento nasce dall’azione grezza, imperfetta, improvvisata.
Questo è il racconto di una giornata iniziata con il mare mosso e finita con un kayak trasformato in una barca a vela. Un esperimento costruito tra vento, fascette e manici di scopa. Una piccola impresa che mi ha insegnato più sul design, il fallimento e il project management di quanto mille pagine di libro potessero fare.
Perché il progresso, quello vero, raramente è elegante. Ma quando prendi il vento, anche con una vela storta, impari a navigare davvero.
 

Dal sogno alla sfida

Questa storia nasce da un desiderio lontano nel tempo: voler navigare a vela. Dalla prima volta che sono salito su una barca a vela ho sempre voluto tornare a farlo. So che al momento è difficile, ma non per questo avevo smesso di immaginare qualcosa di assurdo: prendere il mio kayak e trovare un modo per farlo navigare spinto dal vento.
 
Qualche giorno fa, tra un progetto di studio chiuso e un progetto di innovazione che stava per iniziare, ho deciso di prendermi una giornata libera. Volevo uscire a pesca con la mia Hekate (sì, il mio kayak ha un nome come una vera barca), ma il meteo non era favorevole: vento forte e mare mosso. Seduto al mattino, a scrivere e riflettere come sempre, ho guardato il kayak, ho sentito il vento e mi sono fatto una domanda: "e se oggi fosse il giorno giusto per provare a costruire qualcosa?". Questa domanda mi ha acceso come un incendio che divampa dopo un fulmine nel bosco. Ho iniziato a pensare come potessi fare e quali limiti avevo, in 30 minuti avevo un obiettivo e un’idea: costruire un MVP di kayak a vela da mettere in acqua entro il pomeriggio.
 

Pensare come un designer, agire come un bambino

Ho iniziato con una veloce ricerca online: chi ha fatto qualcosa di simile? Come? Che materiali ha usato? Poi sono passato a disegnare.
Ho scartato subito tutte le soluzioni che richiedevano di forare lo scafo. Volevo una vela modulare, smontabile, non permanente. Ho eliminato anche le idee troppo complesse, con materiali difficili da reperire. L’obiettivo era un prototipo che potesse funzionare, semplice. Non un albero perfetto, non una vela da regata.
Il piano stava prendendo forma: albero e appoggio in PVC con tubi per impianti idraulici, fascette e cordini d’acciaio per il “fissaggio”, vela quadra realizzata con un telone da giardino resistente, cordini e una piccola puleggia per controllare l’issata e la battuta. Niente di più. Totale spesa: 38 euro. Totale entusiasmo: incalcolabile.
 
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Assemblare sogni con fascette da elettricista

Dopo aver fatto shopping nei negozi di ferramenta e giardinaggio, torno a casa e inizio a tagliare e assemblare. Il caldo e il vento non aiutano, ma in circa due ore ho montato l’albero maestro sulla Hekate. Poi arriva la vera sfida: realizzare la vela. Non avevo idea se potesse funzionare. Dovevo tagliare, incollare, rinforzare e occhiellare un telo in PVC da giardino.
Continuavo a ripetermi dentro di me: "Pietro, stiamo ripercorrendo la storia!". Come gli antichi egizi con le loro canoe e vele quadre di papiro per navigare sulle acque tranquille del Nilo.
Mi prendo il mio tempo. Qui il mio passato da "sarto improvvisato" mi aiuta. Uso un manico di scopa come antenna (l’asta orizzontale della vela), fisso tutto con fascette da elettricista, faccio passare la drizza per issare la vela e testo il meccanismo a terra.
Funziona! Urlo così forte che il mio entusiasmo lo sentono anche a casa dei vicini, penseranno che sono impazzito. Poco importa, sono un bimbo felicissimo.
 
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Quando la vela prende vento

Ho un albero maestro, una vela, un sistema di drizza e scotte per manovrare… beh è il momento di andare in acqua. Prendo il giubbotto salvagente (sicurezza prima di tutto), arrotolo la vela, recupero la pagaia e vado in spiaggia.
 
Ora immaginate lo stupore e le facce delle persone nel vedere una cosa del genere. La cosa ha fatto ridere e non poco. Superato il disagio sociale di fare qualcosa di strano e di mettere in vista qualcosa del genere, è una mia creazione. Sono come un bimbo fiero di aver fatto il suo lavoretto e non vede l’ora di farlo vedere a tutto il mondo. Il giudizio esterno può condizionarmi poco a questo punto. Il vento ha molto più potere su di me in questo momento. Anche perché la giornata sta volgendo al termine, sono le 18 circa e il vento sta iniziando a calmarsi. Sono passate 10 ore dal momento in cui ho iniziato a pensare a questo esperimento.
Entro in acqua, do alcune pagaiate per allontanarmi dagli altri bagnanti. Quando sono in zona libera: ISSA!!! Ok, non è stata un’issata epica, ma mi sono sentito come un innovatore del 3500 a.C. che per la prima volta nella storia issa un lenzuolo su una canoa.
 
“Funziona!” grido dentro di me - volevo evitare che il bagnino pensasse di dovermi venire a salvare perché urlavo di gioia. Sono riuscito a navigare a vela. Sono anche riuscito a raggiungere i 2 nodi di velocità (circa 5km/h). Riesco a “stringere il vento” fino a un lasco, non solo a navigare di poppa… Non sarà una fregata dei tempi moderni, ma con il vento a poco più di 8-9km/h è stato un successo. Soprattutto, considerando le dimensioni ridotte della vela rispetto al kayak e al mio peso.
 
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Imparare navigando storti

Mentre l’emozione inizia a normalizzarsi, con il sole al tramonto e il vento che cala, mi ritrovo a riflettere in mezzo al mare:
  • Vedo che l’albero flette troppo: dovrò rinforzarlo
  • Il sistema di appoggio in PVC non è abbastanza saldo: i raccordi ruotano (ammetto che per la fretta la colla non si sarà mai asciugata).
  • Il sistema di issata non è fluido: la drizza va migliorata.
 
In sintesi vedo tutti i “fallimenti” del prototipo, ma sono felice. Perché so esattamente cosa migliorare. Ho validato un’idea. Ho testato un prototipo. So che questo primo sprint ha prodotto qualcosa di funzionante e che validare e raccogliere feedback mi permette di capire meglio dove non funziona rispetto a disegnare la vela perfetta ma senza mai metterla in acqua. Anche un kayak a vela storto mi ha insegnato più di un corso da 30 ore.

L’output perfetto è il nemico del progresso sperimentale

Ho validato una metodologia di lavoro (Lean + fast prototyping) su un’esperienza reale fuori dal “lavoro”, e ho anche navigato a vela per un’oretta.
Alla fine non importa quanto “storto” sia il tuo primo prototipo. Importa che sia reale, che ti porti un po’ più lontano di dove eri prima. In un mondo che spinge verso l’output perfetto, a volte serve solo un po’ di PVC, un’idea testarda e il coraggio di issare la vela, anche se non sei sicuro che reggerà.
Perché il miglior modo per imparare… è agire.
 
 
 
Data pubblicazione: 9 luglio 2025

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