E se stessi sbagliando tutto?
E se avessi sbagliato tutto fino ad oggi?
Questa è la domanda che mi mi accompagna ogni giorno da un paio di mesi a questa parte. Non è una domanda retorica. Non è un vezzo intellettuale. È proprio lì, concreta, pesante, presente.
Come ci sono arrivato a questo punto?
Il ritorno e lo schianto
Sono rientrato in Europa sei mesi fa. Avevo un calendario bloccato su alcune idee da realizzare, progetti dove partecipare e opportunità che mi aspettavano: riconnettere con questo mondo perché comunque venivo da un'esperienza molto diversa dalla vita che abbiamo in Europa. Ho impiegato tre mesi, praticamente, solo per questo. Sono tornato a fine maggio e ho speso il mio tempo tra il riconnettere con gli amici che non vedevo da un paio d'anni, partecipare a progetti di innovazione, riordinare tutte le cose che mi sono portato in valigia.
Poi è arrivato settembre.
Settembre è stato il punto di svolta perché ha segnato la perdita di un'opportunità sulla quale lavoravo da tempo, un'occasione di un progetto grande che però non si è mai realizzata. All'inizio è stato: va bene così, troverò un'alternativa. E poi niente. Il silenzio del mondo. Gli avvenimenti della vita che mi hanno portato altrove ed io sono rimasto “bloccato” a parlare solo con il mio diario.
Eppure tutto quanto mi ha segnato al punto da dire: sai cosa? Magari mi prendo un po' di tempo per me stesso. Per fortuna dagli anni in università mi porto dietro concetti e strumenti di educazione finanziaria, che ho scoperto da poco essere un tema così assente in Italia, specialmente tra i giovani.
Nel tempo speso in America latina ho lavorato, creato impatto, imparato tanto ma anche viaggiato tanto, mi sono divertito tra esperienze e avventure nei posti più assurdi che abbia visto, fino ad oggi. Ma ho anche saputo prepararmi ad una possibile fase di assestamento e posso permettermi di tornare a casa dei miei e pagarmi qualche mese di test, esperimenti e divertimento per conto mio.
E si, divertimento in questo caso intendo giocare con l’AI, costruire automazioni, creare siti web e riprendere a creare e costruire cose. Nel frattempo l’obiettivo è quello di provare a capire come trasformare tutto questo in qualcosa. Qualcosa che possa essere utile, avere valore e magari diventare anche il mio “lavoro”. Qualcosa di cui non ho la più pallida idea di cosa sia. Ma che sono sicuro esiste in qualche versione futura possibile di questa storia.
La compagna di viaggio più assurda
Eppure di continuo quella domanda: e se stessi sbagliando tutto?
Non è facile andare contro le regole del mondo, anche in un mondo dove le regole sembrano quasi non esistere più. Perché molte regole le abbiamo dentro: cultura dove siamo cresciuti, famiglia e persone vicine, realtà dove viviamo, sono tutti elementi che hanno tutta una serie di regole non scritte che ci influenzano, ci controllano, e condizionano le nostre esperienze, la nostra vita.
Io ho da poco compiuto venticinque anni. Non ho la più pallida idea di cosa farò nella mia vita, di cosa farò fra sei mesi o anche solo tra tre. So che sono in grado di sviluppare concetti e tradurli nella realtà, anche se il mondo non ne ha la più pallida idea.
Sto imparando a lavorare per ore senza nessuno che mi costringa o mi veda, senza nessuna ricompensa alla fine. E tutto questo solo per la voglia di sperimentare. Nonostante la paura, nonostante l'imperfezione, nonostante il confronto con chi magari è già al capitolo dieci della propria storia, e io invece sono ancora al mio capitolo tre, non ho intenzione di arrendermi o fare un passo indietro. Gli ultimi due anni della mia vita mi hanno permesso di raccogliere tante esperienze, mi hanno permesso di imparare tanto, mi hanno permesso di conoscere mondi assurdi. Mi hanno permesso di arrivare a un livello dove, in un certo senso, persino quella paura (la paura di fallire, la paura del giudizio, la paura del "non ho idea") è diventata parte consapevole del processo. So che se non ce l'avessi sarebbe un problema.
L'incertezza del non sapere dove, cosa, quando accadrà qualcosa, quando qualcosa si muoverà, è forse la compagna di viaggio più assurda, ma più presente nelle mie giornate ultimamente.
Il ritiro strategico
Mi sono dato un paio di mesi dove sono scomparso dal mondo, in ritiro strategico, in isolamento. E non perché avessi in mente qualcosa. No, semplicemente perché ero stanco. Ero stanco di tante cose, ma soprattutto stanco di quello che non trovavo.
Mi rendo conto che molta di quella stanchezza viene dalla voce del mondo che se non hai fatto nulla o ottenuto nulla allora non ha senso che parli. Ma il punto qui è il processo. Oggi sono io, magari domani qualcun altro come me si troverà in quella fase dove non avrà idea di cosa sta facendo e leggendo queste parole potrà sentirsi compreso o quanto mento condividere un pezzetto di quell’emozione.
Oppure sarò io che potrò raccontare questa storia quando tutto questo cambierà. Perché in un modo o nell'altro tutto questo cambierà e può andare soltanto in due direzioni: avvicinarmi alla mia visione, quello che vedo che potrebbe essere la mia vita, o allontanarmi da quella direzione e portarmi altrove, magari in una vita che detesto, magari in qualcosa che non voglio fare.
E in quel caso diventerebbe un memo per me stesso, per ricordarmi che anche in quello stato niente mi costringe a non essere me.
La risposta
Non sono io a decidere dove tutto questo porti. Solo una riflessione sul valore della pausa e quella dannata domanda che mi faccio da mesi: e se stessi sbagliando tutto?
La risposta è: magari sì, magari sto sbagliando tutto ed è il momento di sbagliare ma ancora più in grande. Perché fino a che farò finta o fino a che rimarrò nel piccolo buio di tutto questo niente potrà mai cambiare davvero. E non è quello che voglio.
Quindi: e se stessi sbagliando tutto?
Forse sì, ma c'è un solo modo per saperlo ed è andare avanti e scoprirlo.
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