il mio metodo per imparare (quasi) qualsiasi cosa
Ci parlano di metodo, di apprendimento, di "competenze non solo conoscenze", ma quasi nessuno ti spiega come si fa davvero.
Negli anni non ho solo studiato, ma mi sono sempre chiesto se si potesse imparare più velocemente. Come rendere il processo più efficace ed efficiente?
Da questa semplice domanda ho scoperto che c'è un intero universo: psicologia, neuroscienze, teorie dell'apprendimento. Tutte d'accordo su una cosa: il cervello non è fatto per imparare leggendo e ripetendo. Una frase che oggi mi sembra ovvia, ma non è così ovvia per le migliaia di persone che continuano a studiare e imparare così, perché è l'unico metodo che conoscono. E con non poca frustrazione.
La metacognizione è la consapevolezza e la comprensione dei propri processi cognitivi, che permette di riflettere su come si pensa e si apprende, e di regolare questi processi
Negli anni ho testato, sperimentato, imparato e sbagliato tantissime volte. Ho provato di tutto: mappe mentali, tecniche, corsi, metodi strani. Dimenticando tantissime cose che credevo di sapere. Poi mi sono accorto che imparavo molto di più quando sbagliavo e risolvevo, rispetto a prendere appunti perfetti. Saperlo dalla teoria è una cosa, sperimentarlo sulla pelle è tutta un'altra storia.
Ricordo quando ho inventato un podcast dove intervistavo gli elementi della tavola periodica per preparare l'esame di Inorganica 2.
Sì, intervistavo il Cromo, il Ferro, il signor Manganese. E in quel caos creativo divertente, ho capito e imparato concetti che mi sarebbe rimasti per sempre.
Facendo, imparando, riflettendo, ho iniziato a notare delle costanti. Dei pattern che si ripetevano, indipendentemente da ciò che studiavo, indipendentemente dal contesto (università o lavoro).
Ed è così che un giorno, mentre riflettevo su tutto questo, è nato STARR.
Una prova di sistematizzazione semplice di qualcosa che in realtà è enormemente stratificato e sperimentato.
STARR è un metodo, una scaletta, una procedura che io uso per "imparare facendo". Per sviluppare competenze.
Perché sapere non equivale a saper fare e nella vita servono entrambi. Serve a ricordarmi che imparare, costruire e crescere può anche essere divertente.
Non ha un target specifico ma può essere adattato davvero in qualsiasi caso, sta alla fantasia di chi studia.
Andiamo a vederlo, lettera dopo lettera.
I 5 Passi del Metodo STARR
Ecco un blueprint visivo in versione sintetica di STARR
S – Studia abbastanza da capire che stai sbagliando
Non sono mai stata una persona allenata o sportiva. Ma durante il covid mi appassionai agli allenamenti a corpo libero. In poche settimane di quarantena avevo visto qualche video e provato qualche esercizio. Mi sentivo quasi un atleta, ormai sapevo cosa stavo facendo e potevo divertirmi a creare le mie sessioni di allenamento e imparare le famose skills (muscle up, front lever, plank, e cosi via). Eppure dopo diverse settimane non stavo progredendo davvero, anzi mi sembrava di sentirmi solo più stanco e demotivato. Non smisi di allenarmi ma iniziai a cambiare dieta. Iniziai a nutrire la mente con libri, video, podcast e articoli sull’argomento. Iniziai a mappare un territorio che era ancora sconosciuto. Capivo dove sbagliavo e potevo migliorare. Li imparai che imparare davvero richiede uno studio abbastanza ampio per comprendere dove ci si sta muovendo. Specialmente se siamo in territori sconosciuti, in ambiti nuovi e diversi da quello che abbiamo fatto fin ora.
"Studia abbastanza da capire che stai sbagliando" significa proprio questo: non studiare per sentirti sicuro, ma per scoprire dove ti manca qualcosa. Per riconoscere i tuoi limiti attuali prima ancora di provare a superarli. Questa prima fase non serve a diventare esperti. Serve a entrare nel campo con l'atteggiamento giusto: quello di chi sa di non sapere.
All'inizio di qualsiasi nuovo processo di apprendimento, il rischio più grande è quello dell'illusione di competenza: pensare di aver capito qualcosa solo perché l'hai letto o ascoltato una volta. È una trappola subdola, perché ti fa sentire al sicuro… finché non ti ritrovi a dover applicare quella conoscenza. E lì, spesso, crolla tutto.
Questa prima fase serve a orientarti nel nuovo territorio, riconoscere i segnali deboli dell'ignoranza, distinguere ciò che credi di sapere da ciò che sai usare davvero.
Perché funziona così?
C'è un motivo scientifico dietro tutto questo. L'effetto Dunning-Kruger è un bias cognitivo che porta i principianti a sovrastimare le proprie competenze. Chi sa poco tende a credere di sapere abbastanza, perché non ha ancora gli strumenti per valutare il proprio livello. Il primo studio ti aiuta a mettere a fuoco l'asimmetria tra percezione e realtà.
Poi applicando il principio di Pareto (legge 80/20): non tutto ha lo stesso peso. In ogni campo, c'è una piccola parte di concetti chiave che genera la maggior parte del valore. All'inizio conviene concentrarsi su quel 20% che ti permette di accedere all'intero sistema: terminologia base, concetti strutturali, logiche ricorrenti.
E infine, quello che chiamo antifragilità cognitiva (mutuando il concetto da Taleb): esporsi presto al dubbio e all'errore in modo controllato ti rende più adattabile, più curioso, meno legato all'idea di "dover essere bravo subito".
T – Trova un'idea o un progetto che ti motiva
Quando ero adolescente, ero abbastanza “pigro” e ammetto che non ho mai considerato quella cosa in maniera negativa. Avevo forse 16 anni quando un giorno decisi di rendere domotica la luce della mia cameretta. Comprai un arduino uno e un relè pur non avendo mai scritto una linea di codice nella mia vita (e diversi anni fa non c’era l’AI a cui far scrivere codice). Decisi che avrei trasformato qualcosa per creare un nuovo interruttore, cosi iniziai ad imparare. Prima con un vecchio microfono recuperato da qualche giocattolo, assemblai il tutto per accendere la luce su tre “clap” (battendo le mani) e spegnendola con due. Poi qualche giorno dopo, dato che non volevo nemmeno battere le mani, trasformai il modulo per controllare tutto con il telecomando della mia TV (con un lettore IR recuperato da un televisore rotto).
Imparare senza una direzione è come camminare in una città sconosciuta senza mappa né meta: puoi esplorare, certo, ma è facile sentirsi persi o disorientati.
Questa fase serve a dare un motivo concreto al tuo apprendimento: anche un progetto piccolo, personale, imperfetto, stupido… purché sia vivo per te.
"Trova un'idea o progetto che ti motiva" significa creare un aggancio emotivo ma pratico, qualcosa che ti faccia venir voglia di imparare perché ti serve, perché ti interessa, perché ti rappresenta.
Non deve essere grandioso. Deve essere tuo.
Quando hai una direzione, tutto cambia: studiare ha un senso immediato (non è più solo accumulo teorico), i concetti si legano a un contesto reale (il tuo progetto), l'energia non ti viene solo dalla disciplina, ma da una motivazione profonda. E soprattutto: scopri molto prima dove stai inciampando davvero.
La scienza dietro la motivazione di un progetto personale
La motivazione intrinseca (secondo Deci & Ryan, Teoria dell'Autodeterminazione) è il carburante più potente per l'apprendimento. Le persone apprendono meglio quando lo fanno per interesse, curiosità, desiderio di competenza o autonomia, non per obbligo o ricompensa esterna. Collegare l'apprendimento a un progetto personale attiva questa motivazione dall'interno.
Il Learning by Doing non è solo una frase fatta: l'apprendimento è più efficace quando avviene mentre fai qualcosa di pratico, concreto, coinvolgente. Il cervello forma connessioni più forti quando la conoscenza è incorporata in un'esperienza vissuta, non solo letta o ascoltata.
Tengo sempre a mente (seppur non è un modello matematico o scientifico ma più qualitativo) anche il 70-20-10 Learning Model che dice che impariamo: 70% da esperienze dirette (fare, sbagliare, provare), 20% da confronto e feedback (social learning), 10% da studio formale. Il progetto personale ti mette subito nel 70%.
A – Affronta un ostacolo reale
Una volta che hai iniziato il tuo progetto, prima o poi ti blocchi.
E non è un difetto. È il punto esatto in cui stai per imparare davvero.
"Affronta un ostacolo reale" significa spingerti abbastanza oltre da incontrare una difficoltà concreta, qualcosa che non sai risolvere con le conoscenze che hai già. È lì che il tuo vero apprendimento operativo comincia.
Non è un momento da evitare: è da cercare, è la ricerca del fallimento che sta alla base dell’antifragilità di Taleb. E da riconoscere, perché spesso si presenta sotto forma di frustrazione, confusione o procrastinazione.
La maggior parte delle persone si ferma qui.
Quando non sa più cosa fare, interpreta il blocco come un fallimento.
In realtà, è un segnale potente: ti dice che hai trovato un punto cieco, una frontiera della tua competenza. Se ci entri dentro, con curiosità e pazienza, ne esci con qualcosa di più: una comprensione profonda, concreta, tua. Questo è il momento in cui si passa dal sapere al capire, dal capire al fare.
Quanti aneddoti mi vengono in mente, quante volte ho pensato di mollare qualcosa, che forse non faceva per me. Eppure in quei momenti avere un progetto tuo ti aiuta, perché ti spinge e ti attira ad andare dall’altro lato della frustrazione, del fastidio, del non ci riesco. Uno dei miei momenti maggiormente frustranti è stato imparare a sciare, ho imparato a 23 anni la prima volta che ero stato in montagna. Per una persona cresciuta al mare come me, il “fastidio” e il dire ma “chi me lo fa fare” era tanto. Eppure volevo imparare.
Perché gli ostacoli sono fondamentali
La Zona di Sviluppo Prossimale di Vygotskij è la distanza tra ciò che puoi fare da solo e ciò che puoi fare con aiuto. Quando affronti un ostacolo leggermente oltre le tue capacità, sei nella ZPD, cioè nella condizione ideale per imparare: non troppo facile, non troppo difficile.
L'effetto Barbell di Nassim Taleb, che viene dalla finanza ma si applica anche all'apprendimento, suggerisce di alternare fasi di stabilità e sicurezza (fondamentali) con picchi di stress controllato (sfida reale). Questo ti rende antifragile, cioè capace di crescere attraverso la difficoltà.
E poi c'è la Cognitive Load Theory: quando affronti un problema reale, la mente è costretta a costruire attivamente nuovi schemi mentali e connessioni neurali. È faticoso, ma è anche il processo che porta a una comprensione più duratura (deep learning).
R – Risolvi e documenta ciò che impari
Una volta che ti sei imbattuto in un ostacolo, non basta aggirarlo o "capirlo a grandi linee".
Serve andare a fondo: fare ricerca, chiedere, testare, tornare indietro, aggiustare il tiro.
Ma soprattutto: non perdere ciò che impari lungo la strada.
"Risolvi e documenta" significa non solo trovare una soluzione, ma tradurla in qualcosa di comprensibile e rivedibile, anche solo per te stesso. Scrivere, disegnare, registrare: non importa il formato, importa l'atto di fissare e organizzare ciò che hai scoperto.
È in questo momento che l'apprendimento smette di essere temporaneo e diventa tuo. Personale e duraturo.
L’atto di documentare attraverso la creazione, aiuta a consolidare la comprensione, ti costringe a riformulare con parole tue (che è una forma avanzata di elaborazione cognitiva), crea una base riutilizzabile, un sistema di sapere crescente. Permette, col tempo, di condividere ciò che hai imparato, diventando risorsa anche per altri.
Questa fase è fondamentale per non ricominciare ogni volta da zero. E per costruire un sistema personale di apprendimento, fatto di riflessioni vive e connessioni evolutive.
La potenza della documentazione attiva
Il Constructivist Learning (Bruner, Piaget) ci dice che l'apprendimento efficace nasce quando l'individuo costruisce attivamente la propria conoscenza, rielaborando le informazioni attraverso il proprio vissuto. Documentare equivale a "costruire", non a "trascrivere".
L'apprendimento significativo di Ausubel sottolinea che non impariamo davvero qualcosa finché non lo colleghiamo a ciò che già sappiamo. La documentazione attiva attraverso note vive, schemi, riflessioni, favorisce proprio questo: l'integrazione nel sistema cognitivo esistente.
Strumenti come lo Zettelkasten o i sistemi di "Second Brain" (Tiago Forte) si basano su questo principio: ogni idea va spezzata, collegata, arricchita, e riutilizzata. Non si prende nota del mondo, ma del proprio dialogo con il mondo.
R – Ripeti fino a chiudere il progetto
Superato un ostacolo e imparata una lezione, potresti pensare di aver finito. Ma nella realtà, ogni nuova conquista porta con sé un nuovo livello di complessità, una nuova domanda, un nuovo micro-ostacolo. È normale. Fa parte del gioco.
"Ripeti" significa tornare nella fase A-R (ostacolo → risoluzione) ogni volta che serve, fino a completare il tuo progetto o decidere consapevolmente di cambiarlo o interromperlo.
Non c'è fallimento se capisci perché stai cambiando o perché vuoi ricominciare da un'altra parte.
C'è solo apprendimento in movimento.
L'apprendimento reale non è lineare, è una spirale. Ti sembra di muoverti in cerchio ma in realtà stai guardando dalla prospettiva sbagliata.
Ogni ostacolo superato cambia il modo in cui vedi il progetto. Ogni revisione ti avvicina a una versione migliore di ciò che volevi creare… o a una nuova consapevolezza su ciò che non serve più fare. Il vero obiettivo non è "finire" tutto quello che inizi. Il vero obbiettivo è crescere mentre costruisci.
Il potere del ciclo
Il loop esperienziale di Kolb ci ricorda che ripetere il ciclo:
esperienza → riflessione → concetto → nuova azione
rafforza l'apprendimento e lo rende adattivo. Ogni giro di STARR è una spirale ascendente: torni allo stesso punto, ma con un nuovo livello di consapevolezza.
L'antifragilità di Taleb vale anche qui: l'esposizione controllata a errori, ostacoli, micro-fallimenti, rafforza il sistema. Ripetere STARR ti rende più bravo non solo nel contenuto, ma nel processo di imparare in sé.
Infine, il fallimento istruttivo: non tutti i progetti devono finire bene. Ma ogni progetto può insegnarti qualcosa. Se un ciclo si chiude con un abbandono consapevole, hai comunque imparato. Non è tempo perso.
Ciclo STARR come sistema adattivo
La bellezza di questo framework sta nella sua struttura iterativa:
- È antifragile: più lo usi, più affina le tue competenze nei punti critici.
- È motivato internamente: ogni ciclo parte da un tuo progetto o curiosità.
- È resiliente agli errori: gli ostacoli diventano parte integrante del processo.
Conclusione
STARR non è una formula magica. È una struttura che ti aiuta a non perderti nel processo di apprendimento, mantenendo sempre l'equilibrio tra teoria e pratica, tra studio e sperimentazione.
E non vale solo per progetti di "costruzione" pratica, ma anche per lo studio vero e proprio. Io l'ho usato spesso all'università immaginando di dover tenere, a fine settimana, una presentazione sugli argomenti che stavo studiando. Questo mi costringeva ad andare all'essenziale e a creare PowerPoint d'impatto, nonostante stessi studiando Chimica-Fisica 2.
Penso a chi studia giurisprudenza e può immaginare un processo nella sua mente, scrivere storie di casi. Penso a chi studia filosofia e può girare video o podcast con i filosofi oggetto di studio. Penso agli ingegneri che possono creare progetti ipotetici e preparare il materiale per la costruzione degli stessi. Il limite è la fantasia, non la materia o il campo di applicazione.
Ogni volta che lo uso, mi ricordo che imparare non è accumulare informazioni, ma costruire competenze. Non è memorizzare, ma capire. Non è sapere, ma saper fare.
E soprattutto, mi ricordo che può essere divertente.
Come quel podcast surreale con gli elementi della tavola periodica, che mi ha insegnato più di ore di studio tradizionale. Perché quando impari davvero, non stai solo acquisendo conoscenze: stai creando ricordi, connessioni, esperienze che restano. Stai raccogliendo storie.
Il metodo STARR è questo: una mappa per trasformare la curiosità in competenza, un passo alla volta.
Reference e approfondimenti
Psicologia dell'Apprendimento:
- Effetto Dunning-Kruger - Dunning, D., & Kruger, J. (1999). Unskilled and unaware of it: How difficulties in recognizing one's own incompetence lead to inflated self-assessments.
- Zona di Sviluppo Prossimale - Vygotsky, L. S. (1978). Mind in society: The development of higher psychological processes.
- Teoria dell'Autodeterminazione - Deci, E. L., & Ryan, R. M. (2000). The "what" and "why" of goal pursuits: Human needs and the self-determination of behavior.
Teorie dell'Apprendimento:
- Constructivist Learning - Bruner, J. S. (1966). Toward a Theory of Instruction; Piaget, J. (1977). The Development of Thought: Equilibration of Cognitive Structures.
- Apprendimento Significativo - Ausubel, D. P. (1968). Educational Psychology: A Cognitive View.
- Loop Esperienziale - Kolb, D. A. (1984). Experiential Learning: Experience as the Source of Learning and Development.
- Cognitive Load Theory - Sweller, J. (1988). Cognitive load during problem solving: Effects on learning.
Modelli Organizzativi:
- 70-20-10 Learning Model - Lombardo, M. M., & Eichinger, R. W. (1996). The Career Architect Development Planner.
- Zettelkasten Method - Luhmann, N. (1992). Communicating with Slip Boxes; Ahrens, S. (2017). How to Take Smart Notes.
Concetti di Antifragilità e Resilienza:
- Antifragilità - Taleb, N. N. (2012). Antifragile: Things That Gain from Disorder.
- Effetto Barbell - Taleb, N. N. (2007). The Black Swan: The Impact of the Highly Improbable.
- Principio di Pareto (80/20) - Pareto, V. (1896). Cours d'économie politique; Koch, R. (1997). The 80/20 Principle.
Personalmente non smetterò mai di consigliare “Antifragile” di Taleb. Posso dire che è un libro che mi ha cambiato tante prospettive e, che fa parte della mia mensola delle mie letture preferite.
Data pubblicazione: 18 luglio 2025
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In questo articolo ho raccontato il Metodo STARR, ma dietro ogni punto ci sono anni di esperimenti, fallimenti e riflessioni. Se ti interessa capire come ho costruito questo approccio (e come puoi farlo anche tu), fammelo sapere: sto preparando qualcosa di più ampio.
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