L’università come abbonamento
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L’università come abbonamento

ID
28
Date
Nov 21, 2025
Tags
Riflessione

un percorso trasformativo che non avevo mai visto davvero

 
Per anni non ci ho pensato. Durante la mia esperienza universitaria immaginavo l’università come un luogo dove avrei approfondito la chimica, sviluppato strumenti per osservare il mondo con più precisione, e conosciuto persone affini ai miei interessi. Punto. Mi sembrava un semplice passaggio logico, un ponte tra la scuola superiore e il lavoro.
Solo oggi, qualche anno dopo, ho realizzato che non è stato affatto così. L’università è stata una delle esperienze più trasformative della mia vita. Non per quello che ho studiato, ma per quello che è successo attorno, dentro e attraverso di me.
Questa consapevolezza è arrivata quando, durante il Future of Community Summit organizzato da Circle, ho ascoltato Ali Abdaal raccontare la struttura della sua community. A un certo punto ha detto qualcosa che mi ha completamente spiazzato:
“The hardest things to sell are memberships. Better frame as a transformative program.”
E poi ha aggiunto:
“like the university”
Non un prodotto. Non un archivio di corsi. Non un insieme di informazioni.
Una membership. L’università è un abbonamento a un programma di trasformazione.
All’inizio mi è sembrata un’idea strana. Poi, più ci pensavo, più capivo quanto fosse vera.

Viviamo circondati da abbonamenti, ma pochi trasformano davvero

Gli abbonamenti sono ovunque. Paghiamo Netflix per l’intrattenimento. Paghiamo la palestra sperando di trasformarci fisicamente. Paghiamo software, piattaforme, servizi, spesso senza usarli davvero.
Molti abbonamenti anestetizzano. Altri intrattengono. Alcuni non li utilizziamo quasi mai.
Eppure paghiamo.
Perché crediamo che l’abbonamento sarà la spinta che ci mancava. La motivazione che non riusciamo a generare da soli. La leva esterna che useremo “da domani”.
L’università, però, funziona in modo diverso. Offre qualcosa che la maggior parte degli abbonamenti non riesce nemmeno a imitare: un ecosistema progettato per trasformarti davvero.
Non solo contenuti. Non solo corsi. Non solo lezioni.
Un contesto che ti cambia.
Un ambiente che ti obbliga a crescere.
Un ritmo che ti costringe a diventare più capace, più autonomo, più solido.
È, in ogni senso, un abbonamento alla trasformazione.

La mia esperienza: una trasformazione che stava avvenendo senza che me ne accorgessi

Quando mi sono trasferito a Padova per studiare chimica non pensavo fosse una rivoluzione personale. Pensavo fosse un percorso lineare: vai, studi, prendi la laurea.
E invece la trasformazione è arrivata da tutt’altra parte. È arrivata nel momento in cui ho imparato a vivere da solo. A gestire affitto, bollette, burocrazia. A cavarmela senza rete. A fallire esami, rialzarmi, e riprovarci.
È arrivata nel rimettermi in gioco socialmente dopo un’adolescenza non semplice. Nel costruire relazioni sane. Nel capire come stare al mondo da adulto, non da studente.
È arrivata nel dover conciliare laboratori interminabili, studio, qualche lavoro part-time, una vita sociale fragile ma in evoluzione. Nessuno te lo dice. Nessun piano di studi lo descrive. Eppure è la parte più potente.
E questa parte è, di fatto, ciò che rende l’università una membership trasformativa.
 
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Curriculum, Coaching, Community: la struttura invisibile

Ali Abdaal descrive la sua membership con tre elementi fondamentali: Curriculum, Coaching e Community.
È sorprendente rendersi conto che l’università funziona esattamente allo stesso modo.
Il curriculum è ciò che vediamo: corsi, esami, laboratori, manuali. La struttura formale. È importante, ma non è la trasformazione.
Il coaching è rappresentato da professori, tutor, tecnici di laboratorio, amministrativi. Tutte le figure che ci guidano, ci supportano, ci danno direzione e chiarimenti.
La community è il cuore pulsante. I colleghi. Gli amici. I compagni di studio. Chi fallisce con te, chi capisce le tue frustrazioni, chi ride, chi resta in biblioteca con te fino a tardi. Le persone che, senza rendertene conto, diventano la tua rete di sostegno.
Questa struttura, insieme, crea il viaggio. Non il contenuto in sé, ma il contesto in cui il contenuto prende vita.
 
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La strategia di marketing: non mostrare tutto subito

Pensiamo spesso che un buon programma formativo debba offrirci “accesso completo a tutto”. Più contenuti. Più moduli. Più materiale. E poi come di sera sul canale di Netflix, ci sentiamo così sopraffatti dalla troppa scelta da finire per non guardare niente.
Ma se al primo anno di università ti dessero tutti gli esami del terzo, le lezioni più difficili, i corsi più avanzati… crolleresti. L’università non ti dà tutto. Ti dà ciò che puoi affrontare, nell’ordine in cui puoi affrontarlo. Crea anticipazione, ritmo, direzione, e ti accompagna.
Questo è ciò che molte community digitali non capiscono: non serve dare di più. Serve dare meglio. In sequenza, in profondità, con un senso.

Le community come motore di cambiamento

Quando ripenso all’università, ciò che mi ha cambiato davvero sono le persone: le conversazioni dopo un esame fallito, la condivisione delle difficoltà, il sentirsi meno soli nella fatica, il ridere insieme della disperazione dopo 12 ore di studio, il sapere che altri capiscono ciò che stai vivendo.
Un corso non può darti questo. Un video non può darti questo. Una piattaforma non può darti questo. Perché la trasformazione non nasce dal contenuto, nasce dalla relazione. Nasce dal contesto umano, dall’attrito condiviso. E le community, quando funzionano davvero, sono esattamente questo: ambienti che rendono il cambiamento inevitabile.

Non tutti gli abbonamenti sono uguali

Molti abbonamenti ci anestetizzano. Altri ci illudono. Altri ancora sono puramente utilitaristici.
Ma alcuni, pochissimi, sono trasformativi. L’università è uno di questi (non sempre, non per chiunque). Una community ben progettata può esserlo. Un percorso costruito con intenzione può esserlo. E allora la domanda diventa inevitabile:
A quali abbonamenti sto aderendo nella mia vita, e perché?
Sto pagando per crescere? O sto pagando per distrarmi? Mi sto iscrivendo a trasformazioni o a anestesie? La risposta non è sempre comoda, ma la domanda è essenziale.

Uno sguardo nuovo sulla vita, sulle community e sui percorsi che costruiamo

Dopo il Future of Community Summit ho capito una cosa: molte delle strutture che oggi cerchiamo di reinventare nel digitale esistono già da sempre. Le abbiamo vissute nella vita senza accorgercene.
E ora che costruisco progetti, sistemi, percorsi, strumenti e micro-business digitali, questa intuizione cambia la lente di lettura di alcuni punti importanti. Mi ricorda che la trasformazione non è nei contenuti, ma nel contesto. Che non serve creare quantità, ma creare traiettorie. Che non serve essere il centro della community, ma costruire un ecosistema che vive anche senza di te.
Mi ricorda, soprattutto, che certe scelta sono un abbonamento.
A un'identità. A una versione di noi stessi. A un cammino.
E allora la domanda finale è semplice, ma potentissima:
A quale trasformazione stai scegliendo di abbonarti ora?
 
 
 
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