C'è una frase che mi ripeto da sempre, soprattutto nei momenti in cui mi sento più smarrito: "Qui servirebbe più strategia". Come se la strategia fosse una chiave universale, una formula magica capace di mettere ordine nel caos. In parte lo è, ed è forse per questo che gli scacchi mi hanno sempre affascinato.
Sono appassionato di scacchi da molto prima che diventassero di moda con la serie Netflix. Non l'ho mai vista, in realtà. Ma fin da bambino mi hanno catturato per una ragione semplicissima: rappresentavano un mondo perfetto. Un set di regole chiare, dove ogni pezzo ha le sue mosse permesse, e un obiettivo cristallino: fare scacco matto.
Regole definite e un obiettivo chiaro. Due cose che nella vita non esistono mai.
L'illusione del controllo
Crescendo ho imparato i principi dell'apertura, del medio gioco, della chiusura. Ho studiato le linee di gioco, i pattern sulla scacchiera. Gli scacchi mi hanno allenato alla pattern recognition: riconoscere configurazioni, anticipare mosse, vedere tre, quattro, cinque passi avanti. Per un campione, sembrerà poco. Eppure questa capacità di visione è tutto negli scacchi. Significa avere il controllo della partita, saper leggere il flusso degli eventi, anticipare l'avversario.
Perdere una mossa può significare perdere un pezzo. Perdere la visione significa perdere la partita.
E così, da adolescente, mi sono ritrovato spesso a pensare: "Se riuscissi ad applicare quello che faccio negli scacchi nella vita, sarebbe potente". Ho provato, più volte. Ho fallito, ogni volta.
Perché la vita non è una partita a scacchi.

Il problema degli obiettivi
Primo motivo: la vita non ha un unico obiettivo definito. Quel obiettivo lo decidiamo noi, e spesso è mobile, mutevole, sfuggente. C'è una differenza enorme tra visione e obiettivi. La visione è quella cosa lontana nel tempo che serve ad allineare le nostre azioni verso qualcosa di più grande. Gli obiettivi sono pietre miliari, pezzi intermedi più o meno allineati alla visione, ma concreti, raggiungibili.
Cercare e perseguire obiettivi è lo stato fisiologico degli esseri umani. È lo stato in cui siamo la maggior parte del tempo. Siamo sempre alla ricerca di qualcosa: soddisfare un bisogno, ottenere qualcosa, dare qualcosa, trovare un senso. In un certo modo, cercare senso alla vita significa proprio definire quel set di obiettivi che hanno valore per noi.
Ma sono tutti diversi. Ogni persona ha un set di obiettivi diversi. E nessuno ha mai un solo obiettivo nella vita.
Quando ci diamo un solo obiettivo, in realtà stiamo dando priorità a un unico obiettivo. Non posso volere essere in salute a livello fisico ma non a livello finanziario. Non posso voler diventare il migliore nel mio campo e ignorare completamente la salute. Certo, posso farlo: significa mettere come priorità assoluta un obiettivo specifico. Ma sul lungo periodo questa scelta è spesso incompatibile con il benessere, con lo stare bene.
Vorrei diventare il migliore nel mio campo? Bellissimo obiettivo. Ma se gli assegno la totalità delle mie priorità, finirò per ignorare la salute, le relazioni, me stesso, magari anche le finanze. Inseguire la ricchezza finanziaria a tutti i costi? Lo farò a discapito delle relazioni, della salute, della mia etica personale.
Saper distinguere questa dinamica è fondamentale, ma anche tremendamente complesso.

Il problema delle regole
Secondo motivo: le regole. Nel mondo degli scacchi sono definite, fisse, condivise. Nella vita reale il set di regole non esiste. Le regole vengono decise e riscritte di volta in volta, di giorno in giorno, tra Stati, tra Paesi, tra aziende, tra mercati, tra persone. Anche con noi stessi.
Bisogna imparare a muoversi in uno scenario che cambia costantemente le proprie regole. È peggio degli scacchi magici di Harry Potter o delle sue scale, dove almeno i pezzi si muovono da soli ma le regole restano stabili.
Nella vita, l'obiettivo a cui giochi è solo tuo, o comunque molto personale. E le regole con cui giochi sono diverse dalle regole con cui gioca un'altra persona. Una persona più ricca di te avrà un set di regole diverse. Una persona nata dall'altra parte del mondo avrà regole diverse. Una persona che ha ricevuto amore avrà regole diverse. Una persona che non l'ha ricevuto, che deve combattere costantemente con i propri demoni, con il senso di insufficienza, il senso di fallimento, la vergogna di provare ad essere un outlier e uscire dalle regole del proprio passato, avrà un set di regole completamente diverso.
Cosa possiamo imparare
Questo non è un invito a smettere di giocare a scacchi. Anzi, è un invito a giocare tantissimo. Voglio riprendere anch'io, dato che p passato un po’ di tempo dalla mia ultima partita. Dagli scacchi possiamo imparare molto: il concetto di strategia, saper definire un set di obiettivi, identificare le mosse più veloci per raggiungerli. Gli scacchi ci ricordano che le logiche restrittive, i limiti, possono diventare vantaggi. E questo vale tanto per un'azienda in un mercato quanto per una persona in una relazione. Soprattutto nella relazione con se stessi.
Ma è fondamentale non applicare le regole confinate di un gioco alla vita. Perché la vita non è un gioco finito, non è un gioco confinato. La vita è un gioco infinito.
Le domande che ci portiamo dentro come umanità le abbiamo da sempre e non hanno una risposta definitiva. Ma è proprio questo il bello della vita: il fatto che non abbia regole fisse. Il fatto che possiamo giocare al nostro gioco, non al gioco degli altri.
Giocare al gioco degli altri, o giocare con regole sbagliate, significa vivere una vita infelice.
E credo che tutti dovremmo imparare a chiederci: io a che gioco sto giocando?

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